veduta chiesa

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martedì 12 maggio 2015

in memoria di don Sergio Rizzotto

In memoria di don Sergio Rizzotto (Monteforte 20/08/1924 - 11/05/2015)
Parroco di Orti dal 1962 al 1974

«Son partìo dal Ponte co in man na valizeta, on panetìn e on poca de ùa». Cosi comincia il racconto che don Sergio Rizzotto ci ha fatto dei suoi sessant’anni di vita sacerdotale. Era l’autunno del 1944 quando col trenino che passava dal Ponte, accompagnato dalla zia Giovanna («un vero carabiniere»), Sergio ha raggiunto Roverè, dove il seminario diocesano si era trasferito per sfuggire ai bombardamenti della guerra. La preparazione di quel momento era durata alcuno anni.
«Ne avevo diciassette quando, una domenica, dopo le funzioni, l’amico Mario Massareto mi ha convinto a chiedere al curato di allora, don Angelo Nicolis, di prepararmi all’esame di licenza media, necessario per entrare in seminario. Don Angelo si è reso subito disponibile: "Anca domàn!" mi aveva risposto. Con l’amico Olinto Gini abbiamo trascorso dieci mesi e mezzo a studiare, rimanendo sui libri dalla mattina alla sera. Ricordo ancora il discorso che mi ero preparato per la prova di francese».
Superato l’esame, cosa è successo? C’era già il seminario che aspettava?
«No, ho frequentato il ginnasio all’istituto dei Padri Stimmatini, più comodo da raggiungere, e solo per il liceo e gli studi di teologia mi sono trasferito in seminario. All’epoca il percorso di studio era scandito da cinque o sei tappe diverse, che cominciavano con la Vestizione e la Tonsura. La Vestizione era ben lontana dall’Ordinazione ma segnava, anche simbolicamente, l’inizio del cammino di seminarista. Ricordo bene che quella domenica del 1948 fu Mons. Signorini a togliermi la giacca e vestirmi della talare. Eravamo sull’altare maggiore della nostra chiesa e il parroco gettò via il mio vestito con tanta forza che lo fece volare ben oltre le balaustre».
Poi, nel 1951, è venuta l’Ordinazione e la Prima Messa a Monteforte.
«Era il mese di luglio. Per tradizione, le ordinazioni sacerdotali si celebravano nella solennità dei SS. Pietro e Paolo, ma quell’anno si è dovuto posticiparle perché un nostro compagno non aveva ancora compiuto i ventiquattro anni prescritti come età minima per essere ordinati: era don Lorenzo Bellomi, che negli anni Settanta è stato eletto vescovo di Trieste. Siamo stati ordinati l’8 luglio e una settimana dopo ho celebrato la mia Prima Messa a Monteforte. Ricordo la grande festa che c’è stata: bandiere dappertutto, la banda che mi ha accompagnato nel cammino da casa alla chiesa, il pranzo che è durato fino a sera. Ripenso anche all’entusiasmo, alla fede e alla devozione con cui ho celebrato quella Messa e mi torna in mente una frase che si leggeva nelle vecchie sacrestie per prepararsi alla celebrazione: "Celebra Missam ut primam, ut ultimam, ut unicam". Se davvero celebrassimo nella nostra vita ogni S. Messa come unica, essa sarebbe come la prima e l’ultima, e ci impegnerebbe a far si che tutta la nostra vita sia dedita al Signore».
E i primi incarichi?
«Sono arrivati subito. Ad agosto ero già curato di Vestananova e poi, nel 1955, mi hanno fatto "vicario adiutore" a Valdiporro: avevo il compito di aiutare il parroco, che era anziano, e avevo di fatto i suoi stessi poteri. Sono stati degli anni molto intensi: abbiamo attivato l’asilo, l’Azione Cattolica (molto frequentata) e abbiamo ridato slancio a quella parrocchia di neanche mille anime. Dico "abbiamo", perché potevo contare sull’aiuto di una ventina di giovani che ogni domenica scendevano a Verona per alcuni incontri formativi e per prepararsi ad essere catechisti. Quando tornavano dalla città si fermavano sempre in canonica e si cenava assieme. Che bei tempi!».
I migliori?
«Difficile dirlo. Sono stati entusiasmanti anche gli anni a Orti di Bonavigo (dal 1962): anche qui, resi stimolanti dalla presenza di moltissimi giovani. All‘epoca avevo addirittura rinunciato a fare le vacanze durante il periodo estivo: preferivo approfittare di quel momento per l’incontro con la gioventù. Ci si trovava tutti i mercoledì sera e la chiesa era sempre piena. Ma gli anni che porto particolarmente nel cuore sono quelli passati a Cellore».
È stata l’esperienza più lunga: venticinque anni a guidare una parrocchia avranno lasciato molti ricordi.
«Eh, ma non solo per quello… Lo sguardo tradisce un pizzico di orgoglio. «Quegli anni sono stati straordinari per le vocazioni che sono nate: per don Giorgio, don Marco, don Giuliano, don Andrea, don Sebastiano, fratel Andrea. Il sacerdote è come un papà: in loro vedo dei figli, un po’anche miei; porteranno avanti la mia stessa missione dopo di me e sono contento».
Ecco perché il soprannome di "fabbricatore di preti"!
«Si, me l’ha dato un giornalista quando ho lasciato Cellore, nel 1999, per tornare a Monteforte, oltre cinquant’anni dopo essermene andato. Qui, più che il riposo da pensionato, ho riscoperto il dono di poter vivere il sacerdozio in maniera più intensa, senza le incombenze e preoccupazioni di chi deve guidare una parrocchia».
Nel ricordare i sessant’anni trascorsi dalla Prima Messa nel luglio del 1951, don Sergio non ha mai smesso di sorridere, soprattutto con gli occhi: «Il Signore mi ha fatto un grande dono: un carattere che mi ha permesso di avvicinare la gente. Un sacerdote non può essere imbronciato, perché anche se ha la luna, questo non interessa a nessuno. Invece, deve essere sempre disponibile all’incontro, aperto agli altri, e un sorriso aiuta molto. E poi, se il cristiano è il testimone della "buona notizia" che è il Vangelo, la sua testimonianza non può che essere improntata alla gioia». Certo, assieme alle gioie e alle soddisfazioni, i momenti difficili o di sconforto non saranno mancati in questi anni, ma le tracce che hanno lasciato sono poche: don Sergio ne è sicuro. «Scrivilo, scrivilo che mi, me son godùo a fare el prete. È bastò meterghela tuta. E se tornesse indrìo, con quela valizeta, partirìa ancora!».
Auguri, don Sergio, e grazie per la testimonianza di fede che continua a mostrarci con il suo esempio!
Paolo Cagnazzo e Daniele Bogoni

Don Sergio Rizzotto: 60 anni di Sacerdozio, articolo pubblicato su “Foglio Parrocchiale di Monteforte” Luglio 2011 pg 2

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